4/15/2020 0 Comments Chi mi domina?Tratto dal libro Alla ricerca del sé perduto:
Sono convinta di essere Io a scegliere. Ma chi è che mi domina? C’è chi lo chiama inconscio, chi mitote, chi forme-pensiero, chi parassita, diavolo, separatore, demonio, maya, volador, avversario. A me piace definirlo lo sfidante, come Giulio Achilli nel suo omonimo libro e documentario. Lo sfidante è colui che mi sfida, mi mette alla prova indicandomi la via per la realizzazione. È colui che detiene il coraggio di pormi di fronte alle mie più grandi paure, mi spinge a viverle, perché solo così le posso trasmutare in quell’azione del cuore che è l’amore. Lo sfidante è colui che mi rende cieca e sorda, volutamente, perché Io abbia la possibilità di percepire la realtà sotto tutti gli aspetti. Il mio sfidante sono Io, quel volto che sono impossibilitata a vedere e che per comprendere devo pormi di fronte allo specchio; quello specchio è la vita che ogni giorno trascorro nell’inconsapevolezza di quanto eccellente sono; quello specchio sono le persone, gli oggetti e gli eventi che mi accompagnano ogni giorno. Conoscendo il mio avversario, vinco la battaglia. Solo con la conoscenza posso giungere alla conquista del mio trono e governare il mio Regno. Il mio Regno sono Io! Quel ritorno alla Casa del Padre tanto ambita da tutti i Cristiani. Nel contesto epocale in cui sono immersa, sono un essere umano debole, in quanto ho preferito l’individualità alla comunità. Questo è accaduto, perché il potere è stato dato alla dualità mente-cuore, mentre è necessario ritornare all’unità dei due elementi. Ecco la motivazione per la quale mi sono indebolita. Quando mi chiedo se mi conosco davvero, la risposta è quasi sempre: «Sì», per poi scoprire che: «Non avrei mai pensato di reagire così in quel momento, ma non sono stata capace di controllarmi». Cos’è successo? Qualcuno si è impossessato di me facendomi reagire secondo la sua volontà. È quello che accade ogni istante per le decisioni prese inconsapevolmente. È necessario che Io decida di cambiare. «Potrebbero volerci anni per convincerti a cambiare e poi potrebbero volerci anni per agire di conseguenza. Spero solo ti rimanga il tempo sufficiente». John Michael Abelar Chi può decidere di cambiarmi? Io, solo Io, nessuno può farlo per me, gli altri sono impegnati per se stessi. Io NON sono la mia mente Lo strumento che mi viene messo a disposizione per modificare me e il mio mondo è la mente. Troppo spesso fraintesa, il più delle volte sconosciuta, è uno strumento di creazione potente che va utilizzata esattamente per ciò che è: un mezzo straordinario. Io non utilizzo la mia mente, che mi serve per comprendermi, ma mi faccio usare da essa. Questo è lo stato comune. È tramite la mente che l’idea prende forma: arte e bellezza o dolore e distruzione? Tutto è nella mente, ma cosa voglio? I programmi che ho installati mi indicano quali entità mi governano. La mente è uno strumento semplice da utilizzare e proprio per questo sottovalutato e poco conosciuto: conosco le regole e vinco la partita. Per poterla utilizzare, anziché farmi usare, è importante liberarla, rimanendo in presenza a me stessa. La vita è complicata, perché la mente è invasa da rumori e confusione e so che è difficile, o addirittura impossibile, comprendere i messaggi in questo stato. In un ambiente rumoroso, quello che mi dicono lo fraintendo, è distorto, cambia significato, perché perdo degli elementi, oppure mi sembra che… Da bambina, la mia mente era libera; è diventata così caotica dopo la prima infanzia. Ecco da quando ho iniziato a percepire poco lucidamente la vita. Questo è lo stato comune dell’essere umano medio, che sviluppa indecisione, incostanza, poca disciplina, inconsapevolezza, incoscienza. Ogni scelta è casuale. Il fatto che sia comune, è tutt’altro che normale. Poche persone hanno la mente silenziosa e questa mancanza di dialogo permette loro di realizzare bellezza, armonia, perfezione. In questo silenzio interiore, la percezione mi viene dalla facoltà di ricevere intuizioni dall’universo, perché i cinque sensi lavorano su stimoli più elevati. Come essere umano, sono sempre stata maga, ma questa facoltà mi è stata resa minima da influenze esterne. Liberare la mente per renderla al servizio dell’Io è possibile praticando il Risveglio della Coscienza; rimanendo presente a me stessa, adesso qui, no dopo là. Per farlo è necessario che Io interrompa l’attività mentale e che ponga attenzione sul mantenerla tale. È facile? No, ma nemmeno scrivere il primo giorno di scuola lo era. È solo la pratica costante che mi porta il risultato. Interrompere l’attività mentale significa smettere di pensare. Per farlo, è fondamentale che la mente pensi che può smettere di pensare, e lei non lo vuole capire. Comprendo, quindi, che la mente è fuori dal mio controllo e che esiste qualcosa al di là della mente stessa che articola i pensieri. Io non sono la mia mente pensante, ma mi identifico con essa attraverso il dialogo interiore, cioè un dialogo con me stessa. Essa vive nel passato e nel futuro, decide per guadagno o perdita, è incapace di attenzione, confusa, mi fa fare sempre le stesse cose. Tutto questo sempre e solo quando mi faccio usare da essa invece di utilizzarla Io. In profondità, c’è una parte che mi spinge ad agire attraverso le sensazioni, le vibrazioni del momento presente, senza aspettative. Per agire in base alla seconda modalità, devo distinguere tra sensazione ed emozione. Quando interviene l’emozione, mi identifico con essa. Mi devo osservare, come se fossi una terza persona, come se stessi visionando un film, creo il testimone. Porto l’attenzione sull’emozione senza farla divenire pensiero. Combattere i miei demoni La mia mente è controllata da qualcosa. Ma cosa? È lo sfidante, ossia un insieme di forze che agiscono per depotenziare la mia mente mantenendola inconsapevole e identificata nell’irrealtà. Agisce come forza contrapposta alla mia evoluzione e, soprattutto, fa in modo da rimanere sconosciuta. «Sono stato a combattere i miei demoni». Gandalf, La compagnia dell’anello I demoni sono tutte le prove che ogni giorno devo superare. Fanno di tutto per farmi tornare indietro. Solo quando rimango sui miei passi, allora li sto davvero combattendo, quando rinuncio vincono loro. Quando la mia mente mi dice che è tutto inutile, ma io prendo il coraggio di fare un altro passo, lì divento Dio. Ogni tradizione riporta la continua generazione di bene e male ed è semplicemente l’espressione della Legge di Polarità, in un ciclo infinito in cui il bene genera il male e il male genera il bene. Un antico detto arabo recita: «Tempi avversi creano uomini forti. Uomini forti creano tempi tranquilli. Tempi tranquilli creano uomini deboli. Uomini deboli creano tempi avversi». Quando tutto va bene, perdo la capacità di rendermi consapevole. Ecco, allora, che lo sfidante mi indica le mie debolezze e i miei punti di forza. Lo sfidante è un parassita, come lo definisce Don Miguel Ruiz, è il volador, come lo definisce Carlos Castaneda, è il corpo di dolore, come lo definisce Eckhart Tolle. Si nutre di energia, la mia energia, ma nulla ricevo in cambio; in questo modo sono costretta a creare una quantità di energia superiore, ma spesso ne sono impossibilitata. È qui che vince il parassita, lo sfidante, e la mia diventa una resa di sottomissione. Demone, diavolo, parassita, volador, corpo di dolore, sono tutti termini che definiscono un’entità energetica che si nutre delle mie energie negative[1], mantenendomi inconsapevole. Più sono consapevole, più vibro velocemente e queste vibrazioni elevate sono veleno per questa entità. Mi libero quando la produzione energetica ha una vibrazione talmente elevata che, quell’entità, è impossibilitata a nutrirsene. Possiedo tutti i mezzi e le possibilità per liberarmene. È solo necessaria la mia volontà di farlo. Scegliendo di ribellarmi allo sfidante, divento guerriera spirituale, combatto per la libertà mia e degli altri. Liberando me stessa, posso aiutare gli altri a fare la medesima cosa. Ribellarmi significa ritornare al bello, quella bellezza che sono solo in quanto libera da inquinanti. «Quando le voci in te parlano di fine, quando la mente dice che hai perduto, quando credi che sia impossibile, eppure prosegui, ti sollevi sulla tua spada e fai ancora un altro passo, lì è dove termina l’Uomo, lì è dove comincia Dio», cit. Lo sfidante ottiene tutto il suo potere dalla mia paura. Le fobie si basano sul fatto che credo che tutto finisca dopo la morte fisica, ma è come dire che dopo le scuole elementari non esiste più la possibilità di studiare e imparare. Lo sfidante lavora tramite il dialogo interiore, il giudizio, la mancata disciplina di costruzione, l’inerzia, il lamento, l’autosabotaggio, l’identificazione, la procrastinazione, la fuga dalle responsabilità. Condividendo questo, tutto si trasforma in paura, in fobia. Posso liberarmene: la conoscenza e la fede sono i requisiti necessari. Molte persone sono riuscite a trascendere la paura, hanno insegnato e divulgato come farlo, ma sono state tacciate di eresia, di falso, di indurre in errore; il loro messaggio è stato alterato, manipolato, reso innocuo. Ribellarmi è necessario per scoprire che l’interazione con la realtà può essere modificata, con modelli diversi, sistemi diversi, percezioni diverse. Altrimenti, sono concorde con lo sfidante. La libertà la ottengo modificandomi in senso verticale, mai orizzontale:
Il mondo esterno è solo un insieme di sensazioni. Il ruolo della mente Chi sceglie il ruolo della mente? Io, solo che ne sono inconsapevole. Ogni decisione è presa per associazione, perché sono offuscata dall’illusione, dal velo di maya, dal mitote, che sono l’idea che Io ho di me stessa. La mente è instabile nelle scelte che compie, continua a cambiare idea in base agli stimoli che riceve, in un continuo alternarsi di se, ma, forse, potrebbe essere, invece… Questi dubbi sono sempre creati dallo sfidante. Tutto ciò mi divide, perché continuo a interpretare. Scindendo, le forze si indeboliscono. Per combattere lo sfidante ho un’arma potente: la consapevolezza, che conduce al Risveglio della Coscienza. Durante questo percorso, mi libero delle credenze, di ciò che mi sono convinta essere. Quando scelgo di conseguire consapevolezza, si presenta la notte oscura dell’anima, o lato ombra, o battaglia contro i miei demoni. La situazione appena descritta è alimentata dalle emozioni: una produzione chimica del corpo in reazione agli eventi esterni. Le emozioni vanno espresse sempre al momento adeguato, mai represse. Lo sfidante è il complesso di abitudini che crea dipendenza, ossia quelle di cui faccio fatica a staccarmi, sono legami forti, non lascio andare, ricerco quell’emozione continuamente. A livello chimico, le dipendenze emozionali sviluppano sempre più recettori di quelle sostanze, ecco perché ne richiedo in quantità maggiore e non riesco più a sciogliere il legame della dipendenza. L’unica modalità di uscita dal sistema dello sfidante è l’autodisciplina, così divento inattaccabile. L’autodisciplina è necessaria per eliminare tutto l’inutile, perché la statua è già dentro il blocco di marmo. Per ammirarne la bellezza è fondamentale togliere il marmo in eccesso che appesantisce, copre, imprigiona. Eliminando il superfluo, divento servitrice del divino e smetto di essere schiava della paura. Il superfluo è l’insieme delle dipendenze emozionali: faccio quell’azione perché dev’essere fatta, mai per procurarmi soddisfazione personale. Quando eseguo un’azione in direzione di uno scopo, il legame emotivo scompare, perché quell’azione è un mezzo per raggiungere il traguardo; quando la compio per soddisfazione personale, allora diventa il motivo, aumentandone la mia dipendenza, perché tendo a ricercare quell’emozione anche successivamente. Metto qui la differenza tra scopo e motivo:
Nell’istante in cui riconosco il punto debole del mio avversario, è già sconfitto, perché è quando mi ribello. Comprendere che tutto è possibile è una potente presa di coscienza: smetto di percepire e concepire le cose in modo personale. Come riconquistare me stessa? Solo quando comprendo di essere in prigione, posso progettare la fuga. Ora lo so, ora posso evadere. Per farlo, devo agire. Devo smettere di pensare di agire, smettere di pensare a cosa farò quando avrò ottenuto il mio obiettivo: devo ottenerlo, punto! Scelgo di smettere di provare dolore. La decisione avviene quando sono stufa di essere stufa, altrimenti non risulta mai radicale, c’è sempre qualcosa che mi riporta indietro. In una scelta per libero arbitrio, mai mi chiedo se è corretto o no agire in quel modo: lo faccio e basta, perché so che è la scelta giusta, perché solo il movimento elimina la tossicità. [1] Vedi libro Più energia vitale per sviluppare il tuo obiettivo, Serena Pattaro, 2020.
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