![]() Emozione: ciò che trasporta verso l’esterno, ma anche agitare, oltre a definire un’azione del sangue. Interessante questa definizione che ci spiega il perché sono le emozioni a indirizzarci verso l’azione; in caso di apatia si rimane fermi, statici, sempre uguali. Esse sono l’interruttore della nostra evoluzione. L’apatia è uno stato dell’essere in cui non si producono emozioni e genera una situazione di infermità. La macchina biologica ha necessità di movimento per poter svolgere la propria funzione di mezzo per l’evoluzione umana. Dal punto di vista fisiologico, le emozioni sono una produzione di chimica, sotto forma di molecole, ormoni e sostanze varie, che circolano nel corpo attraverso il flusso sanguigno (emozione = emo azione = azione del sangue). Le emozioni si producono quando a livello mentale si immagina qualcosa; la visione si materializza prima sotto forma di chimica e, poi, quando l’azione corrisponde all’immagine allora si concretizza nella vita. In effetti le emozioni ci inducono ad agire in direzione dei nostri obiettivi, ammesso e concesso che ce ne sia almeno uno. E se non ne abbiamo? Beh, la confusione e lo stress prendono il sopravvento e iniziamo a seguire il sogno e l’obiettivo di qualcun altro e allora immagini, emozioni e azioni non sono più allineati e si sprofonda nel caos. Quando le emozioni si cristallizzano, ossia la produzione di quella specifica chimica diviene costante, o addirittura permanente, allora parliamo di sentimenti, ossia forze che agiscono sul campo quantico. In questo caso i cinque sensi della personalità percepiscono sempre solamente le vibrazioni che alimentano quello stato, escludendo e rimbalzando tutte le altre, in quanto subentra un meccanismo di autodifesa che genera una continua staticità dell’essere, bloccando l’evoluzione. I sensi, qui, sono impossibilitati ad uscire dal paradigma in cui si trovano e si assopiscono. Nell’attuale stato di cose, siamo costantemente in una fase di “fight or flight response”, ossia di “lotta o fuggi”, una condizione ancestrale dell’essere umano e degli animali, ma che noi abbiamo reso attuale più che mai. Questo fenomeno è ben spiegato dalle neuroscienze. In età cosiddetta primitiva, l’uomo viveva in condizioni continue di pericolo di vita, perché continuamente esposto ai pericoli ed è quello che succede tutt’oggi per gli animali liberi. La “fight or flight response” consente di produrre una chimica corrispondente a seconda del pericolo da affrontare: ad esempio, se è necessario scappare si produrranno effetti che concentrano sostanze e sangue sulla parte inferiore del corpo; in caso di lotta, invece, ci si concentrerà sulla parte superiore del corpo. Una volta passato il pericolo, tutto torna alla normalità. Questo fenomeno permette alle razze di sopravvivere. Trovi la puntata integrale cliccando qui.
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