Il titolo della puntata di oggi ha richiamato all’attenzione della mia mente il fatto che spesso quando mi chiedono che lavoro faccio rispondo che sono una libera ricercatrice, ovvero quando qualcosa risuona con le mie cellule la sperimento, questo per evitare di dare per certo qualcosa che appartiene ad altri. D’altronde, Gurdjeff, al quale va il merito di molte mie ricerche, ha fornito un insegnamento su tutti: non credere a una parola di quello che dico, sperimentalo!
Ed è da tutta una serie di esperienze personali che poi si è scritto da sé il mio libro Alla ricerca del sé perduto, un libro biografico dove riporto una parte della prima fase del percorso che ancora oggi è in atto alla ricerca di me stessa. D’altronde, questo viaggio sarà terminato solamente quando comprenderò che in realtà ciò che ricerco lo sono già, perché un conto è averlo capito a livello mentale, con l’intelletto, un altro è la comprensione, ossia scoprire ciò che si è. Quindi, la ricerca del sé si manifesta attraverso un continuo togliere i veli che lo celano. In realtà è quanto accaduto al Buddha; si narra infatti che al momento dell’illuminazione è scoppiato a ridere e ad un passante che gli chiese perché ridesse rispose che aveva scoperto di essere ciò che cercava e quindi lo era sempre stato. Noi siamo così ogni volta che iniziamo un percorso “spirituale”: cerchiamo fuori quello che siamo. È come cercare la bottiglia di latte in frigo quando è sul tavolo, ovvero dove dev’essere proprio in quel momento perché devo fare colazione. Sembra un esempio banale, e lo è, perché è esattamente così che noi facciamo quotidianamente. La ricerca ci permette di vivere togliendo tutte le zavorre e i veli che celano chi siamo, di cui ci siamo caricati per compiacere gli altri. Divenire consapevole che viviamo nella soggettività è stato il primo passo importante di questa ricerca introspettiva. Molte volte mi sono detta di essere realista e alla fine mi ritrovavo ad essere una persona condizionata dalle credenze, come ogni essere umano è. Mi sono anche detta più volte chissà se arriverò a destinazione un giorno, ma questo è l’ultimo dei miei pensieri oggi, perché è durante il cammino che la vita si sviluppa, è nel frattempo che succedono le cose più straordinarie e meravigliose e che permettono di comprendermi davvero, senza mentirmi. Per farlo però è importante che io faccia il mio di percorso, senza emulare quello fatto da altri. Soprattutto, cosa che reputo di straordinaria importanza, è fondamentale non forzare i tempi e vivere cronos, riconoscendo kairos, perché è nel frattempo che scopriamo la vita. Il voler arrivare in fretta, spesso si traduce in una spasmodica ricerca di nozioni e concetti, che rimangono tali. È un grandissimo errore che io stessa ho fatto. Rimangono astratti, mai concreti, perché volendo correre perdiamo le occasioni di sperimentare in prima persona. Si dice: «Una mela al giorno toglie il medico di torno»; perciò, una conoscenza alla volta permette di viverla; quando sono troppe manca il tempo per provarle. E allora, a che serve sapere che esiste qualcosa senza farla mia? A che serve conoscere che posso togliere zavorre e veli se poi non lo faccio? Ho volutamente nominato la mela, in quanto frutto dell’albero della conoscenza. La frase più banale e allo stesso tempo la più importante per l’evoluzione è: «La mappa non è il viaggio». Per essere me stessa, ho dovuto lasciare la mappa, per quanto bella e realista fosse anche nella versione 3D e animata e cominciare a mettermi Io in strada.
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