1 Gesù si mise a parlare loro in parabole: «Un uomo piantò una vigna, vi pose attorno una siepe, scavò un torchio, costruì una torre, poi la diede in affitto a dei vignaioli e se ne andò lontano. 2 A suo tempo inviò un servo a ritirare da quei vignaioli i frutti della vigna. 3 Ma essi, afferratolo, lo bastonarono e lo rimandarono a mani vuote. 4 Inviò loro di nuovo un altro servo: anche quello lo picchiarono sulla testa e lo coprirono di insulti. 5 Ne inviò ancora un altro, e questo lo uccisero; e di molti altri, che egli ancora mandò, alcuni li bastonarono, altri li uccisero. 6 Aveva ancora uno, il figlio prediletto: lo inviò loro per ultimo, dicendo: Avranno rispetto per mio figlio! 7 Ma quei vignaioli dissero tra di loro: Questi è l'erede; su, uccidiamolo e l'eredità sarà nostra. 8 E afferratolo, lo uccisero e lo gettarono fuori della vigna. 9 Che cosa farà dunque il padrone della vigna? Verrà e sterminerà quei vignaioli e darà la vigna ad altri. 10 Non avete forse letto questa Scrittura:
La pietra che i costruttori hanno scartata è diventata testata d'angolo; 11 dal Signore è stato fatto questo ed è mirabile agli occhi nostri»? 12 Allora cercarono di catturarlo, ma ebbero paura della folla; avevano capito infatti che aveva detto quella parabola contro di loro. E, lasciatolo, se ne andarono. Parabola molto significativa sulla paura e l’avidità di potere degli uomini del mondo. Si ricollega ai versetti precedenti. La paura alimenta altra paura e tutto ciò che facciamo contro qualcosa si ripercuote contro di Noi. In effetti, nel versetto 12, tentano di catturare Gesù Cristo, ma la loro paura nei confronti del potere cristico, si ripercuote nello sfavore della folla. Ecco, allora, che sono costretti a lasciare andare. Sono incapaci di compiere ciò che desiderano, perché uomini deboli con scopi distruttivi. Gesù Cristo riesce alla perfezione a influenzare le masse e far capire le intenzioni malvagie degli scribi. Lo fa lavorando sull’energia del cuore della folla e mai per accusa diretta; in un qualche modo, li fa ragionare, li educa al libero pensiero e le parabole aiutano molto in questo. Elementi che ritornano spesso nelle predicazioni del Cristo sono la vigna e il vino. Il vino è la bevanda divina, riservata agli iniziati, poiché i profani perdono la cognizione di sé quando ne fanno uso. Infatti, in vino veritas e la verità è prerogativa di chi ha sperimentato se stesso; la verità nasce da quello che si conosce ed è per questo che il vino è sacro: solo chi ha compreso la divinità che è può berlo, perché solo così può esprimere verità, simbolo di saggezza, ovvero saper valutare e dar valore. Il grappolo è simbolo di fecondità e prosperità. Il vino fa accedere ai misteri della vita, alla conoscenza superiore, dell’iniziazione spirituale. Libera dai sensi della macchina biologica, legati al piano materiale per spingere a una elevazione sensoriale più sottile. Il vino diviene simbolo di vita e comprendiamo perché è il vino l’elemento che, durante l’eucarestia, si trasforma in sangue. La pietra scartata diviene testata d’angolo. Questa pietra è diversa dalle altre, segue parametri differenti dagli standard e copre il ruolo che nessun’altra può svolgere, un ruolo importante e fondamentale. Questo è quello che accade con tutte le persone dotate di una certa genialità. Vengono scartate dal sistema che vuole tutti uguali, ma creano cose magnifiche, dalle opere d’arte a nuovi paradigmi, da scoperte sensazionali a tecnologie impensabili. Sono le persone “scartate” che hanno la possibilità di migliorare il mondo, perché escono dagli schemi, hanno coraggio e agiscono in libero arbitrio. 13 Gli mandarono però alcuni farisei ed erodiani per coglierlo in fallo nel discorso. 14 E venuti, quelli gli dissero: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e non ti curi di nessuno; infatti non guardi in faccia agli uomini, ma secondo verità insegni la via di Dio. È lecito o no dare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare o no?». 15 Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse: «Perché mi tentate? Portatemi un denaro perché io lo veda». 16 Ed essi glielo portarono. Allora disse loro: «Di chi è questa immagine e l'iscrizione?». Gli risposero: «Di Cesare». 17 Gesù disse loro: «Rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio». E rimasero ammirati di lui. Le tentazioni sono per gli uomini del mondo. In qualunque maniera provano a farlo cadere, ma il Cristo è capace di rimanere in piedi di fronte a tutto. Il suo radicamento nella verità è tale che niente e nessuno può scalfirlo. In questo passo ci indica come nessuno abbia diritto di appropriarsi delle cose di altri, che siano materiali o energetiche. Non si tratta qui di senso del possesso, ma di ciò che spetta di diritto. È importante rispettare le regole di etica e comportamento stabilite all’interno della comunità. Spesso gli ebrei tentavano di evadere le tasse imposte dai romani e, traslando il concetto, spesso cercano di togliere a Gesù Cristo il suo valore per impossessarsene. Egli, che è giusto, offre un’educazione superiore: a ciascuno il suo, ciò che ha creato e ciò che serve per poter svolgere la propria missione. 18 Vennero a lui dei sadducei, i quali dicono che non c'è risurrezione, e lo interrogarono dicendo: 19 «Maestro, Mosè ci ha lasciato scritto che se muore il fratello di uno e lascia la moglie senza figli, il fratello ne prenda la moglie per dare discendenti al fratello. 20 C'erano sette fratelli: il primo prese moglie e morì senza lasciare discendenza; 21 allora la prese il secondo, ma morì senza lasciare discendenza; e il terzo egualmente, 22 e nessuno dei sette lasciò discendenza. Infine, dopo tutti, morì anche la donna. 23 Nella risurrezione, quando risorgeranno, a chi di loro apparterrà la donna? Poiché in sette l'hanno avuta come moglie». 24 Rispose loro Gesù: «Non siete voi forse in errore dal momento che non conoscete le Scritture, né la potenza di Dio? 25 Quando risusciteranno dai morti, infatti, non prenderanno moglie né marito, ma saranno come angeli nei cieli. 26 A riguardo poi dei morti che devono risorgere, non avete letto nel libro di Mosè, a proposito del roveto, come Dio gli parlò dicendo: Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e di Giacobbe? 27 Non è un Dio dei morti ma dei viventi! Voi siete in grande errore». Ritorna di nuovo il numero sette, il numero della spiritualità. Nella resurrezione le persone perdono le caratteristiche della materia e ritornano alla loro pura essenza; ecco, quindi, che sono prive di sesso e sullo stesso piano valoriale: nessuno appartiene a nessuno, come invece sono le leggi degli uomini (strettamente maschiliste della società patriarcale). Dio non può essere dei morti, poiché la morte è inesistente. L’anima lascia il corpo, che diviene vivo e nutrimento per altri esseri, e rimane la vibrazione che è sempre stata. Tutto è vivo, dove esiste movimento con una missione, allora esiste la vita. La morte è quando nulla vibra più, una frequenza inesistente, ma la resurrezione prevede un’anima, quindi, la vita. 28 Allora si accostò uno degli scribi che li aveva uditi discutere, e, visto come aveva loro ben risposto, gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». 29 Gesù rispose: «Il primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l'unico Signore; 30 amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. 31 E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c'è altro comandamento più importante di questi». 32 Allora lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità che Egli è unico e non v'è altri all'infuori di lui; 33 amarlo con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso val più di tutti gli olocausti e i sacrifici». 34 Gesù, vedendo che aveva risposto saggiamente, gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo. Ama il prossimo tuo come te stesso è il più grande insegnamento che ci indica Gesù Cristo, l’essenza di tutto il messaggio cristico. È di certo l’azione più difficile per un essere umano carico di condizionamenti mentali ed emotivi e abitudini depotenzianti. Si tratta qui, dell’amore incondizionato, quel sentimento che proviamo per Noi stessi, l’amare per il semplice fatto di esistere. Il prossimo sono tutte le persone che ci circondano e che ci stanno vicino, quelle che ogni giorno ci mettono alla prova, ci fanno arrabbiare, i nemici, coloro con cui ci scontriamo, che ci rinnegano, che cercano di annullarci. Il nostro prossimo sono anche le persone che crediamo di amare. Il messaggio cristico indica la scelta libera di amare, indipendentemente dal sentimento che gli altri provano nei nostri confronti. Facile? No, assolutamente. Possiamo renderlo semplice praticando l’amore ogni giorno, ogni volta che ci rendiamo conto che il cuore si sta chiudendo o che allontana la persona; è in questi momenti che ci rendiamo consapevoli di quanto difficile è amare, mai quando tutto va bene. Quando amiamo il prossimo come Noi stessi, siamo molto vicini al Regno di Dio. Dobbiamo solamente capire quanto amiamo Noi stessi e qual è il rapporto con Noi stessi. Quanto ci amiamo o ci odiamo lo riflettiamo negli altri. 35 Gesù continuava a parlare, insegnando nel tempio: «Come mai dicono gli scribi che il Messia è figlio di Davide? 36 Davide stesso infatti ha detto, mosso dallo Spirito Santo: Disse il Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici come sgabello ai tuoi piedi. 37 Davide stesso lo chiama Signore: come dunque può essere suo figlio?». E la numerosa folla lo ascoltava volentieri. Porre i nemici come sgabello ai piedi: abbiamo detto che i piedi sono il punto di creazione e di ancoraggio e che il più grande comandamento è ama il prossimo tuo come te stesso. Come intendere allora questo passaggio? Porre ai piedi significa mettere al servizio. Questa è un’azione potente e scelta in totale libertà. Il servizio è quando si pattuisce una mercede con adeguata ricompensa. Il nemico che si pone al servizio diviene amico del signore perché ne comprende la grandezza. Egli lo fa per scelta, mai per paura o imposizione. Si tratta qui di una trasmutazione del nemico. 38 Diceva loro mentre insegnava: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, 39 avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. 40 Divorano le case delle vedove e ostentano di fare lunghe preghiere; essi riceveranno una condanna più grave». 41 E sedutosi di fronte al tesoro, osservava come la folla gettava monete nel tesoro. E tanti ricchi ne gettavano molte. 42 Ma venuta una povera vedova vi gettò due spiccioli, cioè un quattrino. 43 Allora, chiamati a sé i discepoli, disse loro: «In verità vi dico: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. 44 Poiché tutti hanno dato del loro superfluo, essa invece, nella sua povertà, vi ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere». L’attenzione è posta principalmente sull’apparenza, in entrambi i casi citati. Nel primo è un’apparenza di potere, coloro che si atteggiano perché investiti di un ruolo importante, che dona loro potere sulle folle e li conduce alla privazione d’ideali, al sentirsi qualcuno perché identificati con un ruolo, ma sono totalmente privi d’identità interiore. Sono solo involucri vuoti, ostentano invece di essere. Vivono nell’illusione di essere più avanti, ma essi stanno guardando altre file. Nel secondo caso, il concetto è lo stesso: apparenza, illusione, identificazione, povertà di spirito. La vera ricchezza è data dalla qualità della donazione, mai dalla quantità. La proporzione ha più valore del numero assoluto. Soprattutto, il vero valore è dato da ciò di cui ci si priva: del superfluo oppure di qualcosa di utile per condividere? Nel secondo caso, il Regno di Dio apre le porte, nel primo no. Il valore è la virtù dell’animo che rende l’uomo eccellente. Eccelle solo chi sa condividere.
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