![]() 1 Al mattino i sommi sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo condussero e lo consegnarono a Pilato. 2 Allora Pilato prese a interrogarlo: «Sei tu il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici». 3 I sommi sacerdoti frattanto gli muovevano molte accuse. 4 Pilato lo interrogò di nuovo: «Non rispondi nulla? Vedi di quante cose ti accusano!». 5 Ma Gesù non rispose più nulla, sicché Pilato ne restò meravigliato. Gesù sa che le giustificazioni date a chi chiude gli orecchi, perché ha già deciso, sono inutili; sono soltanto uno spreco di energie. Le spiegazioni hanno senso quando si preferisce il dialogo alle sentenze. Quando si parte dal presupposto che si è già presa una decisione e le domande servono per sentirsi dire di aver ragione, meglio il silenzio, molto più evolutivo, più utile. È possibile avere un dialogo solo con chi vuole comprendere, ma la comprensione avviene su un piano superiore. A volte, il silenzio parla di più delle parole e Pilato lo capì. 6 Per la festa egli era solito rilasciare un carcerato a loro richiesta. 7 Un tale chiamato Barabba si trovava in carcere insieme ai ribelli che nel tumulto avevano commesso un omicidio. 8 La folla, accorsa, cominciò a chiedere ciò che sempre egli le concedeva. 9 Allora Pilato rispose loro: «Volete che vi rilasci il re dei Giudei?». 10 Sapeva infatti che i sommi sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia. 11 Ma i sommi sacerdoti sobillarono la folla perché egli rilasciasse loro piuttosto Barabba. 12 Pilato replicò: «Che farò dunque di quello che voi chiamate il re dei Giudei?». 13 Ed essi di nuovo gridarono: «Crocifiggilo!». 14 Ma Pilato diceva loro: «Che male ha fatto?». Allora essi gridarono più forte: «Crocifiggilo!». 15 E Pilato, volendo dar soddisfazione alla moltitudine, rilasciò loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso. Consegnato per invidia: uno dei sette vizi capitali. Rappresenta l’ottava bassa del secondo specchio esseno; è il riflesso di tutto quello che viene giudicato nel momento presente. Si giudica ciò che rimane ignoto o confuso, perché la chiarezza e la comprensione eliminano il giudizio, conducono alla compassione. Il giudizio porta a sentenze e queste sono definitive. Tutto questo parte dall’invidia, dall’incapacità di manifestare controllo su qualcosa. Scribi e sommi sacerdoti percepivano una sorta di tradimento in quello che Egli predicava, perché il messaggio si discostava da quanto loro avevano insegnato fino allora. Le folle sentivano che il messaggio cristico apparteneva a loro e a tutta l’umanità e cominciavano a pensare con la loro testa; ecco allora la perdita di controllo sulle masse, che portò all’invidia coloro che fino ad allora avevano gestito e sottomesso le popolazioni. Pilato, essendo libero da condizionamenti, comprende che Gesù ha un potere che spaventa, ma si comporta come Erode con Giovanni Battista: l’im-magine sul popolo prima di tutto e questo denota mancanza di centratura e stabilità della persona. Un vero leader sa decidere per verità, mai per quantità di consensi. Il vero leader agisce per amore, saggezza e intelligenza attiva, doti mancanti ai più che ricoprivano un ruolo di gestione delle varie attività della nazione e delle città, ma caratteristiche del Cristo, che generavano libertà ed indipendenza. La flagellazione è la purificazione, l’espiazione, la prova della propria fede. La frusta rappresenta l’autorità divina. Con la flagellazione si creano lacerazioni dalle quali esce il sangue impuro, così può rigenerarsi. 16 Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la coorte. 17 Lo rivestirono di porpora e, dopo aver intrecciato una corona di spine, gliela misero sul capo. 18 Cominciarono poi a salutarlo: «Salve, re dei Giudei!». 19 E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano a lui. 20 Dopo averlo schernito, lo spogliarono della porpora e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo. La porpora è il simbolo della verità e dell’amore divino, della dignità, l’abilità e l’idealismo. Rappresenta, a un livello elevato, la divinità; è il trionfo della fede sulle passioni. Su un piano terreno è simbolo di regalità e potere. La corona rappresenta il potere della conoscenza, dell’elevazione spirituale e del potere, caratteristiche che si addicono a un sovrano illuminato, che regge il regno con intuito e chiaroveggenza. La forma tonda rileva la completezza, la perfezione, l’essere riusciti a concludere e arrivare all’obiettivo e alla missione. La corona è posta sul capo attorno al settimo chakra, detto appunto della corona, il punto energetico che connette con i mondi sottili, permettendo lo sviluppo di percezioni molto più sensibili. La corona è conferita a chi merita, a coloro che hanno dedicato se stessi e i mezzi a disposizione per uno scopo superiore. Le spine indicano il potere come saggezza e verità, l’integrità, la mancanza di turbamento. Le spine hanno anche valore di protezione. La corona di spine protegge la mente di Gesù fino alla fine, perché la corruzione della carne ne rimanga aliena e possa rendersi sacro attraverso il dolore, e solo un iniziato può giungere a questo. 21 Allora costrinsero un tale che passava, un certo Simone di Cirene che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e Rufo, a portare la croce. 22 Condussero dunque Gesù al luogo del Gòlgota, che significa luogo del cranio, 23 e gli offrirono vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese. Il Gòlgota è una collina, quindi, il raggiungimento dell’elevazione spirituale. Il suo significato è cranio; esso rappresenta la massima conoscenza, la saggezza, l’intelligenza superiore. La conservazione del cranio è evocazione dell’immortalità del messaggio incarnato da quell’essere. Egli rifiuta il vino e la mirra, mantenendo la parola dell’ultima cena, in cui afferma che berrà vino solamente quando sarà entrato nel Regno di Dio, perché consacrazione della divinità che è. La mirra aiuta la relazione dell’uomo con il misticismo, ma Gesù la rifiuta, perché dev’essere in grado di ottenere la sua vittoria da solo. Spinge a eliminare le paure e a rivelare i propri sentimenti. Infonde ottimismo e umiltà, rendendo consapevoli di chi si è. Agisce sulla paura della morte. La sua sacralità permette di ridurre il potere egoico a favore del sé. La sua amarezza precede la dolcezza della luce rivelata e rappresenta il guerriero sacrificatore. 24 Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse quello che ciascuno dovesse prendere. 25 Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. 26 E l'iscrizione con il motivo della condanna diceva: Il re dei Giudei. 27 Con lui crocifissero anche due ladroni, uno alla sua destra e uno alla sinistra. 28[2]. 29 I passanti lo insultavano e, scuotendo il capo, esclamavano: «Ehi, tu che distruggi il tempio e lo riedifichi in tre giorni, 30 salva te stesso scendendo dalla croce!». 31 Ugualmente anche i sommi sacerdoti con gli scribi, facendosi beffe di lui, dicevano: «Ha salvato altri, non può salvare se stesso! 32 Il Cristo, il re d'Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo». E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano. Ciò che è incompreso viene deriso, oltraggiato, schernito. Questo accade perché la mente umana è incapace di attesa: vuole tutto subito e nella modalità che si aspetta. Quando un qualcosa è di un’energia diversa, maggiore, potente, ha una prassi nelle masse inconsapevoli e manipolate: è derisa, poi accettata e, infine, arriva il “ma io l’avevo sempre detto che era così!”. Accade anche qui, Gesù non ne è immune, ma tutto questo serve a portare comprensione e verità. Quando la verità fa male, oppure è su un piano diverso di conoscenza, perché manca l’esperienza personale, allora la si rifiuta, autoconvincendo se stessi che i fatti stanno in un’altra maniera. Accade principalmente alle persone particolarmente mentali, che hanno necessità di una spiegazione razionale anche quando questa non esiste, perché è possibile comprenderla solo avendo vissuto l’emozione collegata. L’emozione che porta alla comprensione di quanto accadeva in quel momento è l’amore incondizionato, sentimento alieno alla maggior parte della folla. L’incomprensibile, l’immanifesto, l’intangibile, hanno solo una modalità di totale conoscenza: l’amore. 33 Venuto mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. 34 Alle tre Gesù gridò con voce forte: Eloì, Eloì, lemà sabactàni?, che significa: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? 35 Alcuni dei presenti, udito ciò, dicevano: «Ecco, chiama Elia!». 36 Uno corse a inzuppare di aceto una spugna e, postala su una canna, gli dava da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a toglierlo dalla croce». 37 Ma Gesù, dando un forte grido, spirò. Mezzogiorno: rappresentazione del bene, della luce che vince sulle tenebre, momento della giornata che appartiene alla divinità che dispensa luce e conoscenza, evoluzione. In contrapposizione alla mezzanotte, rappresentazione del male, delle tenebre che vincono sulla luce, del potere delle forze oscure. Si genera un momento di buio, perché è necessario porre l’essere umano nelle condizioni di comprendere la differenza tra luce e ombra; egli deve sapere che quanto predicato è verità assoluta. In questo evento ritroviamo il significato simbolico del solstizio d’inverno: tre giorni di buio per poi risorgere a vita nuova. Qui si tratta di tre ore. Il numero tre, la manifestazione della perfezione del tutto. Rappresenta l’uno nel multiplo, il significato di trinità, l’unione. La Legge del Tre conferma come ogni manifestazione sul piano materiale avvenga con tre elementi: positivo, negativo e neutro, che stabilizza il flusso degli altri due elementi (come ci indica l’atomo). Il buio è probabilmente un’eclissi di sole, simbolo del ritorno al caos primigenio, che pone ogni essere umano di fronte alle proprie debolezze. L’abbandono di Dio è in realtà l’energia del Cristo che torna al Signore Maitreya a partire dal momento del Getsèmani, per permettere al Gesù Maestro di compiere la Grande Opera alchemica. Abbandono è anche il ritornare in possesso di se stessi. Anche l’abbandono è una ferita emotiva dell’anima durante l’incarnazione in un apparato psico-fisico. Gesù muore dopo un grido e abbiamo già visto come questo sia liberatorio dalla sofferenza. Il grido rappresenta anche il compimento dell’impresa del guerriero spirituale, un guerriero che muore in battaglia, ma con conseguente vittoria. 38 Il velo del tempio si squarciò in due, dall'alto in basso. 39 Allora il centurione che gli stava di fronte, vistolo spirare in quel modo, disse: «Veramente quest'uomo era Figlio di Dio!». 40 C'erano anche alcune donne, che stavano ad osservare da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Ioses, e Salome, 41 che lo seguivano e servivano quando era ancora in Galilea, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme. Il velo è la coltre di inconsapevolezza che si interpone tra la verità e la falsità, l’elemento che copre ciò che deve rimanere segreto. L’ignoranza è saggezza velata, nascosta. Lo squarciarsi indica come sia giunto il momento della verità, di porre fine ai segreti che tengono sottomesse le masse e portare ognuno a conoscenza della propria divinità. Lo squarcio va dall’alto al basso, a indicare che è dal “cielo” che arriva la vera conoscenza che fa evolvere l’uomo. È il momento di porre fine all’illusione e divenire uomini risvegliati. La presenza della donna è uno dei successi del cristianesimo, perché Gesù, per la prima volta dopo millenni, recupera il ruolo del femminile e la sua importanza per il completamento dell’uomo. Alla donna è permessa la redenzione e la vita eterna, la partecipazione ai riti con ruoli di prim’ordine. Gesù rivalutò il femminino sacro. 42 Sopraggiunta ormai la sera, poiché era la Parascève, cioè la vigilia del sabato, 43 Giuseppe d'Arimatèa, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anche lui il regno di Dio, andò coraggiosamente da Pilato per chiedere il corpo di Gesù. 44 Pilato si meravigliò che fosse già morto e, chiamato il centurione, lo interrogò se fosse morto da tempo. 45 Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe. 46 Egli allora, comprato un lenzuolo, lo calò giù dalla croce e, avvoltolo nel lenzuolo, lo depose in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare un masso contro l'entrata del sepolcro. 47 Intanto Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano ad osservare dove veniva deposto. Il lenzuolo rappresenta l’intimità, l’essere con se stessi; separa il nostro apparato psico-fisico dall’esterno mantenendoci puri. È simbolo di riposo e di pace, quello di cui necessita il corpo di Gesù per rigenerare le energie e risorgere a vita nuova dopo tre giorni. Viene sepolto in un sepolcro di roccia, elemento fondamentale che stabilisce la forza del tempio che si sta per ricostruire. La roccia mantiene il corpo stabile. Le donne osservano da lontano. Il loro ruolo nel completare l’uomo è sempre stato a distanza; è come quando il re partiva in battaglia e, la regina, pregando ogni momento, lo sosteneva a distanza perché rimanesse integro nella sua missione di salvaguardia del regno.
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