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4/21/2022 0 Commenti

Atlantide cronache akashiche

Foto
Il mondo sensibile, ovvero quello appartenente ai cinque sensi, è soggetto all’azione temporale; significa che il tempo deteriora fino a distruggere ciò che nel tempo ha origine, ma ciò che esiste nel tempo ha origine nell’eterno dove i cinque sensi non hanno accesso. Un elevato grado di coscienza permette di sviluppare le forze latenti per conoscere le origini eterne delle cose.
L’uomo saggio scorge negli avvenimenti l’impercettibile ai sensi, perché conosce il diverso codice con cui si manifesta, ma diviene complicato esporre l’impercettibile con un linguaggio adeguato al solo mondo sensibile. È possibile comprenderlo solo per esperienza personale, acquisendo la realtà viva di quel fenomeno. È anche vero che la decodificazione dell’impercettibile può essere imprecisa o addirittura opposta al messaggio originale, ma la definizione di sostanza è coerente per chiunque acceda a questo mondo.

La memoria

Voglio ora soffermarmi sugli avvenimenti di cronache akashiche in relazione ad Atlantide, principalmente al fenomeno e all’evoluzione della memoria, dei ricordi, dell’esperienza personale e della tradizione.
Gli Atlantidei possedevano capacità spirituali e razionali diverse dalle nostre. La loro memoria era particolarmente sviluppata, ma in termini spirituali e non razionali. È importante conoscere che nell’essere umano ogni volta che si sviluppa una nuova facoltà un’altra perde forza.
L’uomo odierno pensa per concetti, gli Atlantidei invece per immagini. Così, se dovevano fare un calcolo non si avvalevano di regole applicate ma si rifacevano a esempi simili o uguali precedenti.
L’insegnamento avveniva tramite immagini evidenti con lo scopo di fornire un ampio patrimonio di ricordi che divenivano la base delle azioni circostanziali. L’educazione uniformava la vita individuale e di fronte a una nuova circostanza l’essere umano esperiva provando e riprovando, mentre oggi si applicano delle regole che evitano l’esperienza.
La memoria fungeva da fedeltà al carattere dell’individuo. Egli faceva ciò che aveva sempre visto fare, quindi, non rifletteva ma ricordava. Il saggio era chi aveva esperito molto, non chi studiava molto; in lui si poneva fiducia.

Gli Atlantidei

Gli Atlantidei, dunque, avevano una memoria evoluta ed erano privi di pensiero logico. Questa facoltà permetteva loro di dominare la forza vitale. Conoscevano l’arte di trasformare l’energia motrice dei vegetali per utilizzare le forze in essi racchiuse a scopi industriali e di locomozione, quindi venivano coltivati non solo a scopo alimentare. Con l’energia del germe muovevano i propri veicoli. Oggi è impossibile replicare ciò a causa di un’atmosfera più rarefatta. L’acqua era più fluida; comprendiamo che anche il corpo umano era diverso da oggi: potevano aumentare la forza fisica quando necessario.
Ne deduciamo la loro diretta relazione con la natura, tanto che ogni artefatto sorgeva dalla stessa natura ed era considerato bene pubblico.
La diversità del corpo umano e dell’ambiente in Atlantide ci indica come ogni razza radice abbia caratteristiche proprie: gli Atlantidei avevano la memoria, gli Ariani (la nostra razza) hanno il compito di sviluppare il pensiero completamente.
Ogni razza radice è suddivisa in sette sottorazze che si sviluppano cronologicamente una dopo l’altra ma con periodi di convivenza mentre una declina e l’altra nasce e si sviluppa. Ecco spiegata la contemporanea presenza di livelli di coscienza diversi.

Prima sottorazza

La prima sottorazza atlantidea derivava dai Lemuriani (la terza razza radice) i quali rappresentavano ciò che esperivano ma non ne conservavano memoria. Ciò che costruivano derivava da una forza spirituale istintiva, innata. Questa prima sottorazza agiva per viva impressione dei sensi. Sviluppò un attaccamento a ciò che è stato sperimentato.
La memoria produsse una conseguenza: il linguaggio che servì a comunicare le memorie e aveva senso attribuire un nome a ciò che si vedeva e udiva. Fu così che si generò un legame tra l’anima e l’esterno.
Le parole avevano una caratteristica particolare: non solo denominavano le cose ma avevano potere sulle cose. Oggi chiamiamo questa capacità magia. Quando si pronunciava la parola essa sviluppava forza analoga all’oggetto riferito. Le parole avevano il potere di guarigione, di far crescere le piante, di domare la furia animale. Il linguaggio era sacro e non si abusava delle parole. Il potere era attribuito alla forza divina che agiva negli uomini.

Seconda sottorazza

Nella seconda sottorazza iniziò ad avere sviluppo il valore personale con conseguente agire nell’ambizione. La memoria prese parte della vita sociale e si richiedeva il riconoscimento delle gesta tramite il ricordo. Questo indusse alla scelta di un capo all’interno del gruppo con dignità regale che si conservava oltre la morte e il ricordo degli avi che sfociò in culto.
Nella prima sottorazza aveva valore il potere procuratosi con la propria forza, nella seconda, per ottenere il riconoscimento, era necessario dimostrare che quel potere non era stato perso. Si sviluppò, così, il carattere personale. Si formarono anche gruppi di individui uniti dal ricordo di gesta comuni. 

Terza sottorazza

Nella terza sottorazza si fondarono le prime comunità, una prima forma di stato con un governatore ereditario con la trasmissione delle memorie da padre in figlio, perché mai la discendenza doveva dimenticare. Inoltre, gli uomini avevano allora il potere e la capacità di trasmutare le proprie qualità ai discendenti che si traduceva nell’influenza personale esercitata nel trasmettere immagini di esempi di vita con qualità di tipo istintivo.
L’esperienza personale acquisì maggior valore e ogni gruppo che si formava portava con sé il ricordo della sperimentazione. Nell’integrarsi nel nuovo gruppo gli uomini sentivano anche cose che non si confacevano e, nel rispetto, sperimentava qualcosa di nuovo, migliorando la comunità.
È l’età delle iniziazioni umane ed è anche il periodo dell’esaltazione della personalità con attenzione al potere personale messo al servizio per scopi individuali. L’ambizione diviene egoismo con abuso di forza; in questo periodo le forze di natura sono utilizzate per scopi egoici.

Quarta sottorazza

Nella quarta sottorazza vi fu un dominio delle forze naturali causando la distruzione di queste stesse forze. Gli effetti furono arrestati con lo sviluppo di una nuova facoltà umana: il pensiero.

Quinta sottorazza

Nella quinta sottorazza il pensiero logico dominò e frenò i desideri personali. Qui i ricordi sono confrontati con conseguente nascita del giudizio che regolò passioni e desideri. Inizia la facoltà di calcolo e di combinazione.
Il giudizio induce all’ascolto della voce interiore e l’impulso all’azione. Aumenta la forza del pensiero e diminuisce il dominio sulle forze naturali perché il pensiero logico può soggiogare il mondo minerale ma non la forza vitale.  Terminano così le azioni nefaste che si ebbero con la quarta sottorazza che ne abusò. È qui cha hanno origine le basi della quinta razza radice, la nostra, che ha il compito di sviluppare interamente il pensiero.

Sesta sottorazza

Nella sesta sottorazza si sviluppò ulteriormente la facoltà di pensare impedendo la devastazione delle esigenze egoiche, ma non soppresse le esigenze stesse. Subentrò l’intelletto con conseguente manifestazione di nuove forme di vita.
Diventa capo del gruppo il più intelligente e si fornisce importanza a ciò che persuade il pensiero. Vi fu una smania di cambiamento e rinnovamento che sfociò nel voler soddisfare ciò che il proprio intelletto suggeriva. Nasce, allora, l’esigenza di leggi comuni pensate, declinando questa operazione nella nascita futura del diritto. Gli uomini divennero intraprendenti, colonizzatori, commercianti.

Settima sottorazza

Nella settima sottorazza si sviluppò ancora di più il pensiero. Furono fedeli alla memoria concludendo che ciò che era più antico era anche più intelligente. La facoltà di pensiero si equivale alla potenza della forza vitale; anche se non avevano più il dominio su di essa, ebbero fede in essa. La facoltà di pensiero diviene nella quinta razza radice, la nostra, lo strumento giusto.
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    Autore
    Serena Pattaro

     

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